IL DIRITTO ALL’OCCUPAZIONE DELL’IMMOBILE PIGNORATO NON SI ESTENDE ANCHE AI FAMILIARI DEL DEBITORE ESECUTATO.
Con l’ordinanza del Tribunale di Tivoli del 3 marzo 2021 è stata elaborata una delle prime interpretazioni dell’art. 560 c.p.c successiva alla riforma avvenuta con l’art. 43 del Dl. 135/2018 – convertito in L. 12/2019 – e poi con l’art. 18 quater4 della L. 8/2020 di conversione del Dl. 162/2019 che ha rimodellato la disposizione in questione relativa al diritto di occupazione dell’immobile pignorato da parte dell’esecutato.
Prima di addentrarci nel caso concreto occorre eseguire una preliminare sintesi del quadro normativo previsto dall’art. 560 c.p.c.
L’art. 560 c.p.c. disciplina le modalità della custodia dell’immobile pignorato; nello specifico evidenzia quelli che sono i requisiti affinché il debitore esecutato e la sua famiglia possano abitare l’immobile pignorato sino alla conclusione della procedura che si realizza con l’emissione del decreto di trasferimento.
Dunque, alla luce della normativa citata si può concludere che il debitore esecutato ha diritto di abitare l’immobile pignorato unitamente alla propria famiglia allorquando vi abita personalmente, ne garantisca la custodia e ne conservi l’integrità e collabori nelle operazioni di vendita coattiva.
Con la riforma sopra richiamata sono state introdotte diverse novità: prima di tutto si è esteso il diritto del debitore (che vive nella casa pignorata con la famiglia) di abitare l’immobile fino al decreto di trasferimento a tutte le procedure esecutive in corso; in secondo luogo si è avuto una semplificazione del processo di immissione in possesso dell’immobile – da parte dell’aggiudicatario – a seguito di decreto di trasferimento, il quale, avvalendosi oggi del custode, non sarà più onerato di rispettare le norme relative all’esecuzione per consegna o rilascio ex art. 605 ss. C.p.c.; infine la riforma ha voluto facilitare anche la liberazione dei beni mobili lasciati dal debitore all’interno dell’immobile aggiudicato prevedendo lo sgombero direttamente ad opera del custode anziché tramite Ufficiale Giudiziario.
Fatta questa opportuna premessa, possiamo addentrarci nel caso esaminato dal Tribunale di Tivoli.
La vicenda trae origine da un’esecuzione immobiliare instaurata contro il debitore esecutato ove il Giudice dell’esecuzione ha disposto la liberazione dell’immobile pignorato.
A seguito di tale provvedimento, il debitore ha proposto opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 comma secondo c.p.c. e, successivamente al rigetto della stessa, ha proposto ulteriormente reclamo ex art 669 terdecies c.p.c.
Il debitore, con il reclamo in questione, si doleva del fatto che il giudicante di Tivoli ha omesso l’applicazione dell’art. 560 c.p.c. (come rimodellato attraverso la riforma sopra citata) per aver ordinato la liberazione dell’immobile nonostante all’interno ci abitassero i suoi genitori.
Ebbene, a scioglimento della riserva, il Giudice di Tivoli, rigettando il reclamo proposto dal debitore, ha rilevato che, non essendo l’immobile abitato personalmente dal debitore esecutato, non vi sono i requisiti ex art. 560 c.p.c. affinché lo stesso possa continuare ad avere il possesso dell’immobile pignorato sino al decreto di trasferimento.
Sulla scorta di tale valutazione il Giudice concludeva con l’ordinanza di rigetto in esame stabilendo che il beneficio previsto dall’art 560 comma 6 c.p.c. non è estensibile ai familiari del debitore esecutato allorquando l’immobile non sia abitato personalmente anche da quest’ultimo.