CONTRATTO DI FIDEIUSIONE: SOLO NULLITA PARZIALE PER LA FIDEIUSSIONE CONTRARIA ALLO SCHEMA ANTITRUS
I contratti di fideiussione a valle di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con la L. n. 287 del 1990, art. 2, comma 2, lett. a) e art. 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, sono parzialmente nulli, ai sensi dell’art. 2, comma 3 della Legge succitata e dell’art. 1419 c.c., in relazione alle sole clausole che riproducano quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti”
(Sez. Un., 30 dicembre 2021, n. 41994).
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con l’ordinanza del 30 dicembre 2021 n. 41994, sono state interpellate per risolvere uno dei dibattiti più discussi in dottrina e in giurisprudenza nell’ultimo quindicennio in merito alla legittimità delle fideiussioni conformi allo schema A.b.i.
Il dibattito ha origini molto datate, allorquando la Banca d’Italia con provvedimento n. 55 del 2005 ha dichiarato anticoncorrenziali le clausole 2, 6 e 8 dello schema contrattuale predisposto nell’anno 2003 dall’A.b.i. (Associazione Bancaria Italiana) per la fideiussione omnibus a garanzia delle operazioni bancarie.
In particolare, la Banca d’Italia ha dichiarato la nullità della clausola di reviviscenza (articolo 2 del modello ABI), la clausola di rinuncia al termine di decadenza previsto dall’articolo 1957 del codice civile (articolo 6 del modello ABI) e la clausola di sopravvivenza (articolo 8 del modello ABI) in quanto contrastanti con l’art. 2, comma 2, lettera a), della legge n. 287/1990 intitolata “norme per la tutela della concorrenza e del mercato”.
Tuttavia, nonostante il provvedimento sopra menzionato, numerose banche hanno continuato ad utilizzare i modelli di contratti di fideiussione predisposti dall’A.b.i. e contenenti le clausole dichiarate anticoncorrenziali.
Questo perché il provvedimento n. 55 del 2005 emanato dalla Banca D’Italia non prevedeva un obbligo di adeguamento a carico delle banche ma si riduceva semplicemente ad un invito, ed in quanto tale, non sanzionabile in caso di inottemperanza.
Tale situazione di stasi, è durata fino a quando la Corte di Cassazione, nell’accogliere un ricorso che ha tratto origine dall’eccezione – in un giudizio di merito – della nullità dello schema contrattuale A.b.i., con ordinanza n. 29810 del 2017, ne ha dichiarato per la prima volta la nullità, aprendo così la strada ad un massivo contenzioso contro le banche avente ad oggetto la nullità della fideiussione A.b.i.
Da qui, nel corso del tempo, si sono formati tre distinti orientamenti di merito:
quello di ritenere applicabile in tali fattispecie una pronuncia di nullità parziale ex art. 1419 c.c., limitatamente però alle sole singole clausole n.ri 2, 6 e 8.
Un altro filone interpretativo, all’opposto, ha affermato la nullità assoluta della fideiussione bancaria omnibus perché riproduttiva di un’intesa anticoncorrenziale.
Infine, un ultimo orientamento ha ritenuto che le fideiussioni seppur conformi sono pienamente valide ma il garante ha il diritto ha diritto di ottenere il risarcimento del danno patito che ovviamente deve essere provato.
Demandata la questione alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, queste con ordinanza in esame, si sono orientate verso l’interpretazione mediana concludendo per la nullità parziale dei contratti di fideiussione che ripercorrono lo schema A.b.i. concedendo ancora una volta una corsia privilegiata al principio di conservazione del negozio giuridico; il contratto di fideiussione, pertanto, resta valido ma depurato ai sensi dell’art. 1419 c.c. dalle tre clausole dichiarate nulle dalla Banca d’Italia in quanto anticoncorrenziali.
Secondo le Sezioni Unite, infatti, sebbene le tre clausole incriminate siano idonee a falsare il gioco della concorrenza, queste non possono invalidare l’intero negozio giuridico (contratto di fideiussione) qualora le parti lo avrebbero comunque stipulato in assenza delle suddette clausole.
Ed è facile intuire come vi è sempre l’interesse di entrambe le parti a stipulare il negozio giuridico in questione in quanto il fideiussore ha sempre l’interesse a far stipulare il contratto di finanziamento al debitore principale e la banca ha sempre l’interesse ad ottenere una garanzia maggiore.
L’ordinanza delle Sezioni Unite ha risolto una questione dibattuta da tempo ma lascia aperti vari dubbi, soprattutto in relazione alla clausola n. 6 dello schema A.b.i. dichiarata nulla (rinuncia al termine di decadenza previsto dall’articolo 1957 del codice civile).
Tale clausola, difatti, costituisce di fatto una deroga alla disciplina prevista dall’art. 1957 c.c. il quale prevede che il fideiussore rimane obbligato anche dopo la scadenza dell’obbligazione principale, purché il creditore entro sei mesi abbia proposto le sue istanze contro il debitore e le abbia con diligenza continuate.
Ciò significa che tornerà a regime l’onere per le banche ex art. 1957 c.c. di attivarsi, entro 6 mesi dalla scadenza dell’obbligazione principale, per il recupero dei crediti con la conseguenza che difficilmente la banca potrà cercare di transigere in via bonaria e stragiudiziale il contenzioso visti i tempi ristrettissimi.
In conclusione, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 41994/2021, hanno di fatto risolto una diatriba giudiziaria che durava oramai da troppo tempo e che necessitava di una svolta.
Nonostante si sia fatta chiarezza sulla nullità parziale delle fideiussioni laddove conformi allo schema A.b.i., alcune riflessioni critiche sono doverose.
Tale nuovo scenario porterà senza ombra di dubbio ad un aumento considerevole del contenzioso bancario dal momento che le banche avranno tempi ristrettissimi (sei mesi) per azionare il recupero giudiziale dei crediti, circostanza che lascerà poco spazio alle transazioni stragiudiziali.