Il fallimento del terzo datore d’ipoteca: tra la domanda di ammissione al passivo ed il diritto alla distribuzione delle somme derivanti dalla liquidazione dei beni ipotecati

LE S.U. SUI TITOLARI DI IPOTECA O DI PEGNO SUI BENI COMPRESI NEL FALLIMENTO COSTITUITI IN GARANZIA PER CREDITI VANTATI VERSO DEBITORI DIVERSI DAL FALLITO: IL DIRITTO E LE MODALITÀ DI PARTECIPAZIONE ALLA DISTRIBUZIONE DELLE SOMME RICAVATE

Corte di Cassazione, S.U. Civili, sent. n. 8557/2023

Le S.S.U.U., con la sent. del 27 marzo 2023, n. 8557, hanno posto fine al dibattito giurisprudenziale sorto in merito alla prelazione vantata dal titolare dell’ipoteca o del pegno sui beni acquisiti alla procedura fallimentare costituiti in garanzia per crediti vantati verso debitori diversi dal fallito, con particolare riguardo non già alla possibilità, da parte di tale soggetto, di soddisfarsi, in tal sede, sul bene oggetto di prelazione – possibilità questa già riconosciuta – quanto piuttosto alle modalità processuali attraverso cui ciò debba avvenire.

La questione trae origine da un’opposizione proposta da un creditore (istituto di credito) titolare di diritto di ipoteca su di un bene del fallito, il quale quest’ultimo si è limitato a prestare garanzia reale per debito altrui e, pertanto, senza assumere alcuna posizione debitoria nei confronti del creditore garantito.

Il Tribunale di Terni, in conformità all’orientamento di pensiero già consolidato da tempo, ha disposto l’ammissione al passivo della banca, in via ipotecaria, limitatamente al ricavato della vendita del bene oggetto di ipoteca, riconoscendo di conseguenza allo stesso il diritto di partecipazione alla distribuzione delle somme derivanti dalla liquidazione del solo bene ipotecato.

Il Giudicante ha, quindi, richiamato quell’indirizzo per cui “ogni questione relativa al diritto del creditore ipotecario di soddisfarsi sul ricavato degli immobili gravati dall’ipoteca concessa dal fallito, con particolare riguardo alla validità, attualità, opponibilità al fallimento e alla non revocabilità dell’ipoteca, dovesse essere affrontata nella fase successiva alla liquidazione degli immobili immediatamente prima della ripartizione dell’attivo ricavato tra i creditori concorsuali”.

Al contempo, tuttavia, ha sottolineato la necessità di sottoporre tale indirizzo a revisione critica, alla luce della nuova formulazione dell’art. 52, comma 2, l. fall., per come modificato dal D.Lgs. n. 5 del 2006. E ciò muovendo dall’assunto che la disposizione, così come modificata, prevede che non solo ogni credito, ma anche “ogni diritto reale o personale, mobiliare o immobiliare” debba essere accertato secondo le norme stabilite dal capo V del titolo II (“Dell’accertamento del passivo e dei diritti reali mobiliari dei terzi”), salvo diverse prescrizioni di legge.

In base alla nuova normativa, a mente del Giudicante, l’accertamento del passivo sembrerebbe così ampliato ai diritti reali o personali, mobiliari o immobiliari, laddove in precedenza, era riservato ai crediti.

Di conseguenza, la trattazione delle questioni relative alla validità, attualità, opponibilità al fallimento dovrebbe essere affrontata già nella fase di verificazione del passivo e non in quella successiva dedicata alla liquidazione e alla ripartizione dell’attivo.

La questione è approdata dinanzi la Suprema Corte, a seguito di ricorso proposto dalla curatela fallimentare, la quale ha denunciato la falsa applicazione dell’art. 52 l. fall. E la violazione dell’art. 93 della stessa legge: quest’ultima disposizione, a seguito della riforma del 2006, statuisce, al comma 1, che “La domanda di ammissione al passivo di un credito, di restituzione o rivendicazione di beni mobili e immobili, si propone con ricorso da trasmettere a norma del comma seguente almeno trenta giorni prima dell’udienza fissata per l’esame dello stato passivo”; pertanto, secondo la curatela, il fatto che la disposizione si riferisca alle sole domande di restituzione o rivendicazione, non lascia spazio ad interpretazioni: il legislatore intendeva fare riferimento solo ed esclusivamente a dette domande, e non anche ai diritti reali concessi dal fallito per debiti altrui, per quali non vi è alcun riferimento.

La causa è stata rimessa alle Sezioni Unite, poiché il caso è oggetto di contrasto giurisprudenziale.

I Giudici sono stati investiti del compito di approfondire e rispondere ai seguenti quesiti:

1) se il terzo titolare di ipoteca o di pegno sui beni compresi nel fallimento, in virtù di una garanzia costituita per un debito altrui, sia legittimato a far valere il proprio diritto con il procedimento di verificazione del passivo previsto dal capo V del titolo II della legge fallimentare, oppure possa ottenerne la soddisfazione mediante l’intervento nella fase di ripartizione del ricavato della vendita del bene gravato;

2) se, ai fini della partecipazione al concorso, risulti sufficiente l’accertamento dell’opponibilità della garanzia ai creditori, oppure sia necessaria la verifica dell’esistenza e dell’entità del credito garantito;

3) se tale verifica debba aver luogo con la partecipazione del debitore garantito, e con quali modalità;

4) se ed in che modo la decisione adottata in sede di opposizione allo stato passivo possa incidere sull’esercizio del diritto alla rivalsa nei confronti del debitore garantito.

Dopo un lungo excursus giurisprudenziale e dottrinale, necessario per porre le basi di detta decisione, la Suprema Corte ha pronunciato i seguenti principi di diritto:

1) “I creditori titolari di un diritto di ipoteca o di pegno sui beni compresi nel fallimento costituiti in garanzia per crediti vantati verso debitori diversi dal fallito non possono, anche dopo le modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 5 del 2006 e dal D.Lgs. n. 169 del 2007, avvalersi del procedimento di verificazione dello stato passivo di cui al titolo II, capo V della legge fallimentare, in quanto non sono creditori del fallito, né soggetti che agiscono per la restituzione o la rivendica dei beni acquisiti al fallimento”;

2) “I detti creditori possono intervenire nel procedimento fallimentare in vista della ripartizione dell’attivo per richiedere di partecipare alla distribuzione delle somme ricavate dalla liquidazione dei beni compresi nella procedura che sono stati ipotecati o pignorati”.

Così pronunciandosi, la Corte ha stabilito che, seppur l’art. 52, comma 2, faccia riferimento anche ai diritti reali o personali, nel Capo V della l. fall. “non si rinvengono prescrizioni che estendano il procedimento di accertamento del passivo alla situazione di soggezione in cui versa il fallito nella fattispecie che qui interessa”.

Pertanto, la fase dell’accertamento è limitata a coloro che intendono far valere ragioni creditorie, nonchè il proprio diritto alla restituzione ed alla rivendicazione di beni mobili ed immobili, ben potendo il creditore del terzo che sia titolare della garanzia reale su bene del fallito soddisfare le proprie ragioni in sede di distribuzione dell’attivo.

In effetti, “oggi, l’art. 107, comma 3, l. fall. prevede, con riguardo ai beni immobili e a quelli iscritti nei pubblici registri, che sia data notizia della vendita a “ciascuno dei creditori ipotecari o comunque muniti di privilegio”, così come, in passato, l’art. 108, comma 4, imponeva che un estratto dell’ordinanza che disponeva la vendita fosse notificato dal curatore, oltre che ai creditori ammessi al passivo con diritto di prelazione sull’immobile, ai creditori ipotecari iscritti. L’odierna previsione può ritenersi diretta, tra l’altro, a far salva proprio la posizione dei nominati titolari di nuda prelazione, i quali, non potendo insinuarsi al passivo, secondo quanto si è detto, sono restati estranei, fino a quel momento, alla procedura concorsuale e potrebbero risentire un pregiudizio dall’ulteriore corso della stessa in considerazione degli effetti della purgazione che si riconnettono alla vendita (art. 108, comma 2, l. fall., nel testo riformato, con riferimento ai diritti vantati su beni iscritti nei pubblici registri). Attraverso l’attività notiziale sopra indicata, dunque, i creditori in questione sono posti nella condizione di intervenire nel procedimento concorsuale e di soddisfarsi, in sede di riparto, sul ricavato della vendita del bene su cui gravava la garanzia reale. Si tratta di una disciplina che presenta affinità con quanto prescritto, per l’esecuzione individuale, dall’art. 498 c.p.c.: norma, questa, che ha uno stretto legame funzionale col successivo art. 499 c.p.c., il quale ammette l’intervento di quanti abbiano un diritto di prelazione risultante da pubblici registri o abbiano un diritto di pegno”.

Il creditore, in conclusione, è ammesso alla procedura concorsuale mediante domanda di partecipazione alla distribuzione delle somme ricavate dalla liquidazione del bene oggetto di ipoteca o pegno, e non mediante domanda di insinuazione al passivo.

A sostegno di quanto stabilito, la Corte ha ricordato che la garanzia reale di cui si discute accede ad un credito vantato nei confronti di un soggetto diverso dal fallito che, in quanto tale, può essere soddisfatto in ogni momento dal debitore, in pendenza della procedura fallimentare.

Ne consegue che il rinviare la detta verifica al momento in cui deve aver luogo il riparto del ricavato della vendita del bene gravato della garanzia risponde ad una logica di economia di giudizio.

Il curatore, quindi, sarà onerato del compito di verificare la validità ed attualità, oltre che l’efficacia, della garanzia reale.

3) “Avverso il piano di riparto del curatore che escluda o includa (in tutto o in parte) il diritto del titolare della nuda prelazione alla distribuzione delle dette somme, il creditore ipotecario o pignoratizio e, rispettivamente, gli altri creditori interessati al riparto del ricavato della vendita del bene possono proporre reclamo a norma dell’art. 110, comma 3, l. fall.”.

Il creditore che abbia fatto valere la garanzia reale sui beni acquisiti alla massa attiva è ammesso a proporre reclamo avverso il progetto di ripartizione, nel termine perentorio di quindici giorni dalla ricezione della comunicazione dell’avvenuto deposito del piano stesso.

4) “Il reclamo può avere ad oggetto l’esistenza, la validità e l’opponibilità al fallimento della garanzia reale, avendo anche riguardo alla sua revocabilità, oltre che l’an e il quantum del debito garantito.

5) “Tale accertamento non richiede la partecipazione al giudizio del debitore la cui obbligazione è garantita da ipoteca o da pegno e ha un valore endoconcorsuale, essendo, come tale, non opponibile al detto debitore, restato estraneo al procedimento fallimentare, in sede di rivalsa”.

A cura di: Taisia Tini