“La finalità perseguita dall’art. 58 T.U.B. sarebbe vanificata, se si onerasse il creditore cessionario di provare la titolarità del credito mediante la produzione del contratto di cessione, poiché significherebbe costringerlo anche a produrre tutti i contratti che riguardano le cessioni precedenti sino a risalire all’originario creditore cedente. Tale aggravio dell’onere probatorio si porrebbe in contrasto con l’art. 24 Cost, da cui discende il principio di vicinanza della prova ed il divieto di interpretare la legge in modo da rendere impossibile o troppo difficile l’esercizio dell’azione in giudizio”.
Tribunale di Lucca, ordinanza del 02.09.2024.
Questo è il principio enunciato dal Tribunale di Lucca, con l’ordinanza pronunciata in sede di reclamo ex art. 669 terdecies cp.c., quest’ultimo proposto dai debitori avverso l’ordinanza con cui il G.E. rigettava l’istanza di sospensione avanzata congiuntamente al ricorso in opposizione ex art. 615 c.p.c.
I reclamanti sostenevano la mancata legittimazione del creditore procedente a procedere ad esecuzione forzata per mancata prova dell’avvenuta cessione in blocco dei crediti, nonché la idoneità del mutuo a costituire titolo esecutivo.
Con riguardo alla prima eccezione, i reclamanti eccepivano che la produzione in giudizio dell’avviso di pubblicazione in G.U. e della dichiarazione di cessione proveniente dalla cedente non fosse sufficiente a provare l’avvenuta cessione.
Il Collegio, tuttavia, richiamando la costante giurisprudenza, ha ritenuto fornita la prova della titolarità del credito ceduto, mediante la produzione dell’avviso di pubblicazione in G.U., contenente la descrizione delle categorie dei crediti e dell’arco temporale di riferimento, poiché “la descrizione dei crediti ceduti così come articolata nell’avviso di cessione pubblicato sulla G.U. consente ai debitori di individuare con certezza i rapporti oggetto di cessione e, per l’effetto, di ritenere che inter alia sia ricompreso anche il credito per cui è causa”.
Inoltre, al fine di fugare ogni dubbio riguardo la propria legittimazione, la cessionaria aveva altresì prodotto la visura camera, da cui si evinceva l’avvenuta iscrizione della cessione nel Registro delle Imprese.
Infine, il Collegio dichiarava inammissibile l’eccezione relativa alla validità del titolo esecutivo ex art. 474 c.p.c. in quanto, come puntualmente eccepito da parte reclamata, la doglianza, avanzata per la prima volta in sede di reclamo, non rappresentava circostanza e/o motivo sopravvenuto e, pertanto costituiva un motivo nuovo non sottoposto al giudice reclamato con l’istanza di sospensione congiunta al ricorso in opposizione ex art. 615 c.p.c., né da questi affrontato.
Per tali motivi, il Collegio rigettava il reclamo.
A cura di: Taisia Tini