Tribunale di Pescara, ordinanza dell’08/04/2024, G.E. Dott.ssa Luigina Tiziana Marganella
Con atto di opposizione all’esecuzione, gli esecutati invocavano la sospensione della procedura, rilevando il difetto assoluto di rappresentanza di Servicer S.p.A., quale mandataria di SPV S.r.l., per mancata iscrizione ex art. 106 TUB.
Si costituiva l’istituto finanziario, insistendo per la reiezione dell’opposizione in quanto inammissibile, atteso lo spirare del termine di cui all’art. 615 cpc, nonché infondata per il seguente motivo: SPV S.r.l. ha incaricato Banca S.p.A. di svolgere, in qualità di master servicer tutte le attività di gestione del credito nonché di verifica delle conformità delle operazioni; Banca Finanziaria Internazionale S.p.A., a sua volta, ha delegato ad Servicer S.p.A., in qualità di special servicer (sub servicer), la gestione del recupero del credito, escludendo le attività espressamente devolute al Master Servicer.
Il G.E., pertanto, ha ritenuto di dover respingere l’opposizione in quanto inammissibile, essendo già stata disposta la vendita, nonché infondata nel merito.
E ciò poiché la tesi prospettata dagli opponenti in merito alla mancanza di legittimazione attiva della banca per mancata iscrizione all’albo ex art. 106 TUB della mandataria è superata dalla recente pronuncia della Suprema Corte (Sez. III, 18 marzo 2024, n. 7243).
Difatti, la Cassazione non fa derivare alcuna invalidità dall’omessa iscrizione nell’albo ex art. 106 T.U.B. del soggetto concretamente incaricato della riscossione dei crediti, pur potendo tale mancanza assumere rilievo sul diverso piano del rapporto con l’autorità di vigilanza o per eventuali profili penalistici.
Nello specifico il Giudice ha statuito che “in riferimento alle disposizioni degli artt. 2, comma 6, della legge 30 aprile 1999, n. 130, e 106 TUB pur sostanziando «norme imperative inderogabili, in quanto poste a presidio di interessi pubblicistici, con la conseguente nullità, sotto il profilo civilistico, dei negozi intersoggettivi (cessione, mandato, ecc.) e degli atti di riscossione compiuti in loro violazione, la Cassazione osserva che, in relazione all’interesse tutelato, qualsiasi disposizione di legge, in quanto generale e astratta, presenta profili di interesse pubblico, ma ciò non basta a connotarla in termini imperativi, dovendo pur sempre trattarsi di «preminenti interessi generali della collettività» o «valori giuridici fondamentali»; il mero riferimento alla rilevanza economica (nazionale e generale) delle attività bancarie e finanziarie non vale di per sé a qualificare in termini imperativi tutta l’indefinita serie di disposizioni del c.d. “diritto dell’economia”, contenute in interi apparati normativi (come il TUB o il TUF). In particolare, le succitate norme non hanno alcuna valenza civilistica, ma attengono alla regolamentazione (amministrativa) del settore bancario (e, più in generale, delle attività finanziarie), la cui rilevanza pubblicistica è specificamente tutelata dal sistema dei controlli e dei poteri (anche sanzionatori) facenti capo all’autorità di vigilanza (cioè, alla Banca d’Italia) e presidiati anche da norme penali”.
Ne consegue che “non vi è alcuna valida ragione per trasferire automaticamente sul piano del rapporto negoziale (o persino sugli atti di riscossione compiuti) le conseguenze delle condotte difformi degli operatori, al fine di provocare il travolgimento di contratti (cessioni di crediti, mandati, ecc.) o di atti processuali di estrinsecazione della tutela del credito, in sede cognitiva o anche esecutiva (precetti, pignoramenti, interventi, ecc.), asseritamente viziati da un’invalidità derivata”.
Inoltre, nel caso di specie, è stato documentalmente provato che il Master Servicer non è Servicer S.p.A., bensì Banca S.p.A., regolarmente iscritta all’Albo delle Banche.
A cura di: Taisia Tini