RIFORMA DELL’ART. 545 c.p.c.: INNALZAMENTO DEL LIMITE DI IMPIGNORABILITÀ DELLE PENSIONI A € 1.000
Con la legge di conversione del c.d. Decreto Aiuti bis, pubblicata il 21 settembre 2022, si è intervenuti, fra l’altro, a modificare il limite di impignorabilità delle pensioni di cui al settimo comma dell’art. 545 c.p.c. e ciò al fine di garantire una maggiore tutela alle fasce di popolazione più debole.
La modifica è in linea con le previsioni della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea ed in particolare con il terzo comma dell’art. 34, tuttavia, sebbene tenda ad assicurare al pensionato i mezzi di sostentamento necessari per lo svolgimento delle minime necessità di vita, dall’altro lato una simile misura risulta del tutto penalizzante per i creditori, considerate le maggiori difficoltà di soddisfacimento del proprio credito.
Nel concreto, la riforma ha innalzato il limite minimo di impignorabilità di pensioni, di indennità che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescenza nel caso in cui non vi sia accredito su contro bancario o postale intestato al debitore, senza tuttavia modificare (che, pertanto, rimangono invariate) le disposizioni inerenti al pignoramento di stipendi, salari e altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza, nel caso di accredito su conto bancario o postale intestato al debitore.
Con riferimento al settimo comma dell’art. 545 c.p.c., laddove il testo previgente stabiliva che “Le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescenza, non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente alla misura massima mensile dell’assegno sociale, aumentato della metà. La parte eccedente tale ammontare è pignorabile nei limiti previsti dal terzo, quarto e quinto comma nonché dalle speciali disposizioni di legge”, il testo novellato stabilisce invece che “Le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescenza non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente al doppio della misura massima mensile dell’assegno sociale, con un minimo di 1.000 euro. La parte eccedente tale ammontare è pignorabile nei limiti previsti dal terzo, dal quarto e dal quinto comma nonché dalle speciali disposizioni di legge”.
Pertanto, se in passato il parametro di riferimento per stabilire il limite era il solo importo mensile dell’assegno sociale aumentato della metà, con la riforma si rilevano due novità: da un lato, è stato rivisto al rialzo il limite all’impignorabilità corrispondente al doppio della misura massima mensile dell’assegno sociale e, dall’altro, è stato previsto il limite minimo di € 1.000,00. Ne discende l’impossibilità di procedere al pignoramento di una pensione di importo inferiore i € 1.000,00, mentre per la parte eccedente tale somma si potrà procedere al pignoramento secondo le disposizioni previste dal Codice.
Si evidenzia, inoltre, che l’importo dell’assegno sociale, nella sua misura piena, per il 2022 è di 468,28 euro per 13 mensilità, così come rideterminato dall’INPS con la Circolare n. 33 del 28 febbraio 2022.
Per ciò che concerne il regime intertemporale, in assenza di chiarimenti e alla luce dell’ultimo comma dell’art. 545 c.p.c. rimasto invariato, si può ritenere che “Il pignoramento eseguito sulle somme di cui al presente articolo in violazione dei divieti e oltre i limiti previsti dallo stesso e dalle speciali disposizioni di legge è parzialmente inefficace. L’inefficacia è rilevata dal giudice anche d’ufficio”.
Pertanto, in forza del principio del tempus regit actum per cui ogni atto è regolato dalla legge del tempo in cui esso si verifica, il giudice dell’esecuzione è tenuto a dichiarare l’impignorabilità delle somme nei limiti previsti sino all’emissione del provvedimento di assegnazione, senza che rilevi la data di inizio del pignoramento da determinarsi alla luce del disposto di cui all’art. 491 c.p.c.; infine, sino al momento dell’emissione del predetto provvedimento è ammessa opposizione ex art. 615 c.p.c. con la quale il debitore fa valere il limite di pignorabilità dei trattamenti pensionistici.
A cura di: Taisia Tini